2 - S. Maria del Piano
La Chiesa e Abbazia di S.Maria del Piano dedicata alla SS.ma Vergine sotto il titolo dell’Assunta fu costruita in località Valle Muzia nell’anno ottocentodiciassette (817) d.c. per ordine di Carlo Magno in seguito alla strepitosa vittoria riportata dalle sue armi contro i Saraceni , dalla strage dei quali Orvinium prese il nome di Cani morti (poi Canemorto) e quindi di nuovo Orvinio. Nel supplemento al n.42 nel giornale “Le notizie del Giorno” del 20 ottobre 1842 si legge: “...Vasto Tempio edificato per ordine di Carlo Magno nell’817, di qua dal rivo (fosso di S.Maria) che divide dagli altri il Territorio di Canemorto lungi un miglio dell’abitato verso l’oriente....” . Anche la persona più profana rileva, sia dal tempio che dalla torre campanaria come gli alti cocci ivi impiegati, siano provenienti certamente da altri edifici di epoca romana. Nella convinzione, per non dire certezza, che tali blocchi appartenevano ad edifici ormai distrutti, dell’antica città di Orvinium che certamente doveva sorgere in quei paraggi, probabilmente dove è l’attuale Orvinio; infatti l’attuale Castello di Orvinio si ritiene sia stato costruito sopra l’Arce dell’antico Orvinium. Sulla facciata della Chiesa (fig.41) in alto a sinistra e precisamente sotto il primo archetto fra i capitelli delle prime due lesene, è incastonata una piccola pietra di marmo bianco con la seguente iscrizione che certamente si riferisce ad un restauro “Bartholomeus hoc op fieri fecit 1219”. Sotto un altro archetto è incastrata un altra pietra (fig.42). Come ho suesposto la Chiesa era dedicata all’Assunta, tanto è vero, che fino ala prima metà del secolo scorso, il 15 agosto di ogni anno (festa dell’Assunta) gli abitanti di Orvinio si recavano là processionalmente e la festa era allietata da una fiera comunemente detta “della nocchiata” perché intervenivano numerosi venditori di nocchie (nocciole). L’Abbazia era retta da Monaci Benedettini , aveva una rendita vistosa, corrisposta non solo da Orvinio, ma da Pozzaglia, dalla Pietra, Vallinfreda, Montorio, Petescia, Pietra Balle, ...da Salce, Monte S.Maria e Rieti. Data la sua grande importanza, nei secoli scorsi (come risulta anche dall’archivio del Seminario di Magliano Sabino), era autorizzata anche a coniare monete – in merito sarebbe bene esaminare la grande raccolta di monete (che si dice la più completa del mondo) esistente nel Palazzo del Quirinale a Roma e di proprietà del nostro amato sovrano Vittorio Emanuele III. Nel contempo consultare la grandiosa opera ricca di molti volumi (finora ne sono stati stampati 18) illustrante la suddetta collezione di monete del Re Imperatore alla compilazione della quale si dedica con amore il nostro sovrano primo numismatico del mondo. Dopo tanto splendore, la prima calamità che si abbatté su di essa, fu nel periodo napoleonico; la Chiesa con l’Abbazia furono demaniate, i suoi Monaci dovettero rifugiarsi presso altri Monasteri dell’Ordine e dopo la morte dell’Abate Commendatario, ultimo di essa possessore, Ecc.mo Sig. Caffarelli Canonico Lateranense, la Chiesa rimase abbandonata e le rendite che si fossero esatte per quindici anni dopo la morte del suddetto Abate Caffarelli, erogate allo scopo di ricostruire ampliata, la nuova Chiesa Abbaziale e Parrocchiale di Orvinio sotto il titolo di S.Nicola di Bari, che fu infatti inaugurata il 18 e 19 settembre 1842. Nella prima metà del secolo scorso crollò una parte del soffitto della unica navata (formato da incavallature di legno visibili e embrici di terracotta); successivamente, a brevi intervalli dal primo, seguirono altri crolli. Nel 1855, mentre in Italia infieriva il colera, Orvinio subì la stessa tragica sorte; in tale occasione e dato l’enorme numero di decessi, per misura igienica, essendo proibito di continuare il seppellimento dei cadaveri nella Chiesa dell’abitato, il Comune di Orvinio decise il seppellimento dei colerosi nella Chiesa di S.Maria del Piano. Mi raccontavano dei vecchi che avevano vissuto in quell’epoca, che i colerosi deceduti venivano posti dentro le casse di legno e cosparsi di calce viva onde impedire il propagarsi del terribile morbo. Più di un caso si verificò che il coleroso, dopo essere stato incassato e cosparso di calce viva, fu portato a S.Maria del Piano che ancora non aveva reso l’anima a Dio. Verso il 1870 il Comune di Orvinio, non avendo i fondi per costruirsi un camposanto, ottenne dall’Autorità Prefettizia di poter seppellire liberamente dentro la Chiesa di S.Maria del Piano. In tale occasione fu tolta la porta di legno e il vano murato, tolto il resto del tetto della unica navata, scoperchiate le due cappelle e divelto il mattonato. Come si intuisce, l’edificio già fatiscente si avvia rapidamente alla completa rovina. Nella seconda metà del secolo scorso anche la torre campanaria, rimasta quasi intatta, fu colpita dalla folgore che demolì il tetto ed una parte del muro di vertice di essa (fig.33). All’altezza della cella campanaria, su ciascuna delle quattro facciate vi è una finestra trifora formata da tre archetti; quello centrale è poggiante su due colonnine di marmo con capitelli a stampella. Nei piani sottostanti altre finestre bifore e monofore. Il 19 settembre 1885 il Comune di Orvinio stipulava il contratto di appalto relativo al nuovo camposanto che fu subito costruito a forma rettangolare, in prossimità della chiesa di S.Maria del Piano e, precisamente a sinistra a filo della strada venendo dalla parte di Orvinio, a circa 50 metri dalla facciata principale di detta Chiesa e nomato “Camposanto delle Fargne”. Appena ultimato, allorché si procedette alla inaugurazione della prima salma (certo Bernabei Michele, soprannominato Michelitto) fu riscontrato che nella fossa ci nasceva l’acqua.. Da tale fatto, resa impossibile la sepoltura nel nuovo Camposanto, fu continuata dentro la Chiesa di S.Maria del Piano, fino all’anno 1906, epoca in cui fu inaugurato il nuovo cimitero, situato sulla strada carrozzabile che conduce a Percile, e precisamente a Km.1 da Orvinio in località Petriane. Allorché fu stipulato il contratto per la costruzione del Camposanto delle Fargne, sembra che l’Amministrazione Comunale dell’epoca (sindaco Morelli Augusto) avesse concesso all’appaltatore Amici Nicola, di poter demolire la facciata del prossimo tempio di S.Maria del Piano, onde poter utilizzare il materiale ricavato, per la costruzione del prossimo sacro recinto. Sembra impossibile tale assurdità ma purtroppo è verissimo, perché agli atti del Comune di Orvinio due lettere originali: una del Principe Don Paolo Borghese in data 1 dicembre 1884, l’altra in data 30 novembre 1884 al n.387 di protocollo della R.a Prefettura di Perugia, indirizzata al sindaco di Orvinio, con le quali si chiedono schiarimenti e si proibisce nel modo più assoluto il non mai abbastanza deprecato disegno di abbattimento della facciata dell’illustre monumento. Attualmente, benché non siano passati molti anni dalla costruzione del Camposanto delle Fargne, non esiste più traccia di muratura del recinto sacro, perché senza dubbio la malta adoperata, è stata di qualità scadente; si racconta, che alla pochissima calce adoperata, anziché pozzolana o sabbia, fu impastata dell’autentica terra. L’unico cancello di questo Cimitero è stato posto in opera nel nuovo Camposanto delle Petriane, nella facciata che guarda Vallebona e precisamente in fondo a quella specie di galleria dove è sistemato l’ossario ed i loculi provvisori. Torniamo alla Chiesa di S.Maria del Piano. Nei secoli scorsi vi sono state varie vicende e litigi, alle volte anche cruenti, fra gli abitanti di Orvinio e quelli di Pozzaglia, per il diritto di possesso del Tempio. Verso l’anno 1849 gli abitanti di Pozzaglia si appropriarono del quadro della Madonna che troneggiava sull’Altare Maggiore. Da tale fatto, il Comune di Orvinio, come contro partita chiese alle superiori Autorità di potersi appropriare dell’unica campana collocata sulla apposita torre (fig.33). Fallite tutte le trattative bonarie, in via amministrativa, gli abitanti di Orvinio ai primi dell’anno 1849 si recavano in forza a S.Maria del Piano e, non ostante le energiche proteste di molti Pozzaglietti presenti, toglievano la campana e dopo averla portata a Orvinio, la issavano sulla torre campanaria della Chiesa Abbaziale di S.Nicola di Bari, collocandola sulla cella che guarda il tetto della Chiesa e precisamente al lato opposto della facciata della Chiesa stessa, nel piano sottostante a quello dove sono attualmente le campane, in quanto detto campanile, a quell’epoca era un piano più basso. Tale fatto non poteva rimanere occultato ed il Preside di Rieti, con sua nota n.31 PS del 24 marzo 1849, stigmatizzando l’accaduto, ingiungeva al Priore dell’epoca (attualmente podestà) di consegnare la campana entro tre giorni deponendo contemporaneamente i Componenti la Civica Amministrazione; la revoca di tale provvedimento fu ottenuta solo dopo avere dato assicurazione di consegnare subito la campana. Per la storia il Priore era Taschetti Marco. Non essendo ancora costruita la strada carrozzabile “Orviniense”, la campana scortata da fanti e cavalieri della prima Legione della Guardia Nazionale, per portarla a spalla da trenta uomini, da Orvinio fino all’Osteria Nuova, territorio di Frasso Sabina, passando nella strada di Vallebona, dove fu caricata su un carro che la portò direttamente a Rieti. Esiste agli atti del Comune di Orvinio la ricevuta originale così concepita: Repubblica Romana n.3288 Il Preside di Rieti Al Cittadino Priore di Canemorto La campana è giunta in Rieti ed è in deposito in un locale di questa residenza. Tanto in replica al Vostro foglio del 10 corrente n.266 e Vi auguro prosperità e saluti. Rieti 13 aprile 1849 Aff.mo Il Preside f.to Raffaele Feoli Da tale epoca il Comune di Orvinio ha sempre lottato strenuamente per riavere la sua campana, ma inutilmente, perché le Autorità Superiori hanno sempre sostenuto che tale restituzione avrebbe potuto turbare l’ordine pubblico fra Pozzaglietti ed Orviniensi, essendo i primi contrarissimi a tale restituzione. Si sappia che un acerrimo e temibile nemico del buon diritto di Orvinio è stato un certo Negri Enrico di Pozzaglia e segretario comunale di quel paese, deceduto molti anni or sono e più precisamente verso la fine del secolo scorso o i primi di quello attuale. La campana fu prestata al Comune di Rieti in occasione che in quel teatro civico si rappresentava l’opera “Il Trovatore” di Giuseppe Verdi. Il Comune di Rieti, sollecitato da quello di Orvinio, rispondeva con nota n.2115 del 17 gennaio 1889, che nei locali del Teatro Civico esisteva realmente una campana, ma che si ignorava la sua provenienza, non solo, ma che il Comune di Rieti era depositario di essa. Falliti tutti i tentativi per via amministrativa, il Comune di Orvinio per rientrare in possesso della campana stessa, conveniva in giudizio il Comune di Pozzaglia e credo che vi sia stata sentenza del Tribunale di Rieti (emessa dopo il 1894) favorevole al Comune di Orvinio; però la campana è sempre restata a Rieti. Si potrà riavere? Ogni buon Orviniense lo spera. La Chiesa ed Abbazia di S.Maria del Piano fu acquistata dal Comune di Orvinio al Demanio dello Stato, per la somma di Lire 402,70 (quattrocentodue e centesimi 70) ivi comprese quaranta deciare di terreno adiacente al Tempio. L’atto fu stipulato il 6 settembre 1869 a rogito Valentini Antonio di Petescia e firmato: per il Comune dal sindaco di Orvinio, sig. Vincenzo Segni, e per il Demanio dello Stato dal Ricevitore dell’Ufficio del Registro di Orvinio sig. Celentani Emilio; atto registrato in Orvinio il 18 ottobre 1869 al volume 4 n.60 foglio 8 Atti Pubblici – Esatte £.14,30. – Agli atti del Comune di Orvinio risulta (ordine n.32) il 24 aprile 1854 fu pagato dall’Esattore Comunale di Orvinio, sig. Camillo Tani, a Pietro Bonaiuti falegname scudi due per l’acquisto del legno occorrente alla costruzione della porta si S.Maria del Piano (ordine n.54) (come sopra) scudi due e baiocchi cinquanta per lavoro da falegname. Dato lo stato fatiscente dell’intero edificio, il Comune di Orvinio trovandosi nella impossibilità di effettuare i necessari restauri per mancanza di mezzi provvide a farlo dichiarare Monumento Nazionale. Lo Stato concesse un sussidio quindici anni or sono circa; infatti fu riparata e ricoperta la torre campanaria nonché murata la porta di accesso nell’interno. Per mancanza di direzione e senza un minimo di arte, il tetto del campanile fu rifatto ad un solo piovente, anziché a quattro come era quello originale. Per quanto però non sia stato fatto a regola d’arte, per ora la torre campanaria è riparata dalle infiltrazioni dell’acqua piovana; se si otterrà di restaurarla, allora si potrà ripristinare la copertura come l’originale. Molti articoli in varie epoche e da diverse persone sono stati scritti per richiamare l’attenzione delle Superiori Autorità, specialmente quello del Prof.Lorenzo Fiocca pubblicato sul Bollettino d’Arte, edito dal Ministero della Pubblica Istruzione (Direzione delle Belle Arti Anno V fascicolo XI del 30 novembre 1911) ricco di parecchie fotografie e pianta dell’intero edificio (fig.23) fino ad ora sono caduti tutti nell’oblio. E’ inutile descrivere lo stato misero in cui si trova il sacro edificio; basti dire che dell’Abbazia sono in piedi in parte i muri perimetrali (fig.23-24-25-26) e qualche cosa dei muri divisori; il resto tutto a terra. La torre campanaria, per quanto anche essa avrebbe bisogno di qualche restauro, allo stato attuale è bene conservata. La Chiesa, come è detto sopra, è tutta scoperchiata, ad eccezione dell’abside che è coperta da una robusta volta; i muri perimetrali, benché sbocconcellati, ancora resistono. E’ a terra la cappella di destra, prossima alla torre campanaria; sono crollati anche gli archi intorno al Presbitero. Intatto ancora il magnifico Altare Maggiore in marmo bianco; è scheggiato solo un angolo anteriore nel piano superiore. Dal vertice della facciata (che ancora si difende come può dalle ingiurie del tempo e dalla manomissione degli uomini dalle mano rapaci) è caduto il blocco di pietra dove era impiombata la croce di ferro e che ricordo di averlo veduto gettato in un angolo interno della cappella di destra; speriamo che non sparisca e che si rinvenga intatto con tutta la croce come l’ho veduto io. Sono caduti anche alcuni frammenti del rosone sopra la finestra della facciata principale e mi si riferisce che siano conservati nei locali del Comune di Orvinio. A vedere S. Maria del Piano nelle condizioni in cui si trova, si stringe il cuore ad ogni buon cittadino e se l’auspicato restauro si farà attendere ancora, il secolo attuale sarà responsabile della rovina di si insigne monumento e chiunque che per caso si incontrerà a passare in quel luogo desolato, dirà:”una volta qui esisteva la splendida e famosa Chiesa ed Abbazia di S.Maria del Piano”. Il Governo Fascista che dedica le sue amorevoli cure al Patrimonio Artistico Nazionale, sono certo non permetterà lo scempio della completa rovina del Sacro Tempio. Il seguente articolo , da me redatto, è stato pubblicato sul giornale di Roma “Il Giornale d’Italia”del giorno 3 dicembre 1938 XVIII E.F. e successivamente sugli altri quotidiani della Capitale “Il Messaggero”-“La Tribuna e Idea Nazionale” – “Il Popolo di Roma” nonché sulla rivista mensile “Latina Gens” anno XVII E.F. distinta con i n.1 e 2 Gennaio-Febbraio 1939. Non deporrò le armi e non desisterò dalla nobile e santa battaglia da me ingaggiata, affinché l’auspicato e completo restauro di si insigne monumento divenga al fine realtà. Volere è potere e umano è sperare nella definitiva vittoria . Articolo di Giornale dell’epoca: CHIESA ED ABBAZIA DI S. MARIA DEL PIANO IN ORVINIO ORVINIO, dicembre – Orvinio, graziosa e ridente cittadina dell’alta Sabina, a circa 65 Km. Da Roma e a 48 dal capoluogo, Rieti, e situata ad 830 metri sul livello del mare su di una amena posizione e domina la vallata ricca delle opulenti fattorie di S.E. il senatore Filippo Cremonesi. Nella parte più elevata troneggia l’imponente ed antico castello turrito, costruito probabilmente sull’Arce dell’antico Orvinio, anch’esso proprietà di S.E. Cremonesi e vi dimora gran parte dell’anno per assaporarvi il riposo più che meritato per ricreare le energie dal quotidiano lavoro che con amore filiale prodiga, senza risparmio, alla Città Eterna. Orvinio è anche meta ricercata dai romani per la villeggiatura, sia per la tradizionale ospitalità della buona e laboriosa popolazione ed anche per la salubrità del suo clima e per l’abbondanza di freschissime acque fornite dalle sue note sorgenti. La ridente cittadina si estende verso la metà della strada provinciale orviniense che congiunge le due vie consolari Salaria e Tiburtina Valeria presso i bivi rispettivi di Fiacchini e della stazione ferroviaria di Mandela-Sambuci. A circa due Km. Ad oriente dell’abitato, in aperta campagna, e precisamente nella sottostante valle Muzia, esiste la Chiesa ed Abbazia di S.Maria del Piano, edificata secondo la tradizione nel secolo nono per ordine di Carlo Magno in seguito alla strepitosa vittoria riportata dalle sue armi contro i Saraceni. La sua importanza deriva anche dall’essre una delle più antiche chiese abbaziali d’Italia. Per molti secoli fu officiata dai Benedettini e da Leone X fu elevata a Commenda. I monaci vi rimasero fino all’invasione francese, epoca in cui comincia il ciclo della sua rovina andando in abbandono per la dipartita dei religiosi. Nel primo cinquantennio del secolo scorso avvenne il crollo di una parte del soffitto della……..con capitelli a stampella. Nelle pareti del campanile sono incastonati dei blocchi di pietra di epoca romana, come frammenti di iscrizioni, fregi di trabeazione dorica, con metope e triglifi ed altre decorazioni, provenienti probabilmente da qualche importante edificio dell’antico Orvinium. Vi si accede da più strade e quella carrozzabile giunge fino in prossimità del tempio imboccando, dalla provinciale orviniense, in località Pezzesantino ove esiste anche una tabella indicatrice di tronco privato che attraversa le fattorie di S.E. Filippo Cremonesi. Illustri personaggi hanno visitato S.Maria del Piano; citeremo per tutti solo il non mai abbastanza compianto Comm. Corrado Ricci. Molti studiosi si sono interessati con i loro articoli richiamando l’attenzione dell’Autorità tutoria; basti citare i seguenti: -Prof. Lorenzo Fiocca – Bollettino d’Arte, edito dal Ministero della Pubblica Istruzione, fascicolo XI del 30 novembre 1911. -Prof. Francesco Palmeggiani “Rieti e la Regione Sabina” Roma 1952. -Oreste Tarquinio Locchi. Rassegna mensile illustrata “Latina Gens” 3 del marzo 1936. Il comm.Filippo Cremonesi, ex sindaco di Orvinio, assicura che nel periodo immediatamente precedente alla guerra mondiale, lui personalmente aveva interessato il Superiore Ministero, per i necessari ed impellenti restauri di S.Maria del Piano, tanto che furono stanziati persino i fondi sufficienti: si attendeva solo l’ordine per iniziare i lavori ma, scoppiata la grande guerra, la pratica rimase abbandonata. L’insigne edificio, gloria e canto non solo della Sabina, ma dell’Italia intera (pur essendo monumento nazionale), allo stato attuale è fatiscente e lasciato in completo abbandono all’azione deleteria del tempo e dell’incuria degli uomini, non escluse possibili sottrazioni. Se non si provvede con prontezza fascistica la nostra generazione dovrà subire l’irreparabile perdita di così insigne monumento. Si fa vivo appello al Ministro della Educazione Nazionale S.E.Bottai, che è geloso custode del patrimonio artistico nazionale, al quale dedica tutte le sue cure ed energie, perché voglia provvedere benignamente e tempestivamente a salvare anche S.Maria del Piano da sicura ingloriosa distruzione e così aggiungerà una gemma di più alle sue innumerevoli benemerenze. Si è sicuri che l’On. Direzione Gen. Delle Antichità e Belle Arti del Lazio e Sabina che con tanto zelo tutela i monumenti della Regione affidata alle sue vigili ed amorevoli cure, provvederà, come sempre con speditezza fascista e che è nello stile del nostro amatissimo Duce. Accertamenti postumi. – Nel Regesto di Farfa risultano trascritti i due seguenti documenti nei quali si fa menzione di S. Maria del Piano e cioè: Documenti 555 e 938 rispettivamente compilati negli anni 1026 e 1062 – Volumi III e IV – pagina 263 e 332 = Ritengo pertanto che se nel 1026 risulta esista fiorente S. Maria del Piano, data accettata, relativa alla costruzione di detta Chiesa, non può non essere quella fissata nell’anno 917 d.c..