Capitolo 14 - Sù e giù per Orvinio
Nel giardino del cav. Uff. Armando Alessi sito al n.43 di via Cesare Battisti (già via Nuova) sopra un’erma di pietra è collocata un’antichissima testa muliebre in marmo bianco di Carrara (fig.122) grande due volte il naturale e forse appartenente a qualche statua rappresentante una divinità pagana e che certamente è proveniente dall’antica città di Orvinium.
Nella stessa via e precisamente al n.41, in un locale di proprietà di Alfonso Scanzani, al posto della soglia è stata collocata una grossa pietra di travertino proveniente dai ruderi del Castello dell’antica città Sabina di Vesbula situata in vetta al monte denominato Morretta o Pietra Demone in territorio di Scandriglia.
Essa fu trasportata e messa dove attualmente è collocata, da Benedetto Taschetti di Orvinio, l’anno 1761; su di essa si legge..OVA CACUNO F.C. (fig.6) il Biondi interpretò per IOVI CACUNO FACIUND CURAVIT, ritenendo ivi la possibile esistenza di un tempio a Giove sul “Cacumen”, vale a dire sulla cima della montagna.
Al n.39 di via Vincenzo Segni esiste un bellissimo portale a pieno centro; lo stipite è formato da pietre che in origine facevano parte di un fregio di trablazione dorica, con metope e triglifi provenienti da qualche importante edificio dell’antica Orvinium.
Al corso Manenti nella casa distinta col n.71 di proprietà di Alessi Mariano esisteva fino a pochi anni or sono, un bellissimo ed antico portale in travertino a forma gotica con sesto acuto.
In seguito ad alcuni restauri, il portale con l’aggiunta di nuove pietre fu trasformato a forma rettangolare.
Le basi, i verticali e la chiave dell’arco del vecchio portale sono state utilizzate a formare la nuova porta, mentre le altre, dai novelli vandali, sono state spezzate per essere utilizzate come pietre comuni nel rifacimento del muro stesso.
Anche questo signore merita di essere incluso nell’elenco dei barbari del bello e dell’arte.
Al portone n.7 di via Vincenzo Segni, appena entrati, guardando sul bel soffitto di legno, si nota la seguente scritta intagliata su di una traversa di legno : IVL-IAC-1651-RES.
Nell’anno 1914, mentre era sindaco di Orvinio il Comm.re Filippo Todini, sopra la Porta Romana (fig.105) veniva sistemato nell’apposita torretta ivi costruita un orologio a doppio quadrante di vetro (fig.106). Per i pesi furono fatte delle aperture verticali alle spallette della porta stessa, dalla sommità dell’arce fino a terra.
Con tale lavoro venivano divelti gli antichi cardini di ferro che avevano sostenuto fino verso la metà del secolo scorso la grande porta di legno ora scomparsa.
Ricordo di avere veduto che i cardini in sito erano cinque, tre a volta interna dell’arco e due a sinistra entrando alla porta; mancava solo quello in basso che forse sarà stato tolto quando fu abbattuta la grandissima porta di legno.
I cinque cardini sono spariti ed anche gli autori di tale scempio, che poteva essere evitato perché si potevano benissimo rimettere a posto dopo praticate le aperture, meritano anch’essi l’onore di essere segnati al libro nero dei barbari del bello, della storia e dell’arte.
L’acqua della Fonte Vecchia che sbocca in prossimità dei lavatoi dietro la grande fontana in via Roma, in prossimità di Piazza Garibaldi (fig.108-109) nasce nei paraggi dell’Immaginetta (fig.117) sul colle della Guardia, ma si ignora il punto preciso della sorgente.
Circa ottanta anni fa, essendosi verificata una dispersione di acqua per guasti prodottisi nella tubatura in terra cotta, fu deciso di fare delle ricerche ed i lavori furono affidati ad un certo Alessi Luigi, soprannominato “Scarpetta”, muratore di Orvinio.
Questi faceva aprire dei cavi alla sommità della via Nuova (ora Cesare Battisti) e riallacciava l’acqua, facendola defluire in un tombino centrale costruito sotto il suolo stradale ed in corrispondenza del civico n.21.
Ad indicare il punto preciso esiste nel muro di cinta del giardino del cav. Uff. Armando Alessi un sasso scoperto risparmiato dall’intonaco; ebbene all’altezza di questo sasso trovasi il tombino di raccolta delle acque.
Nei locali del Municipio di Orvinio si trovano circa un migliaio di mortaretti di acciaio, ivi compresi i cosidetti mortaroni, alcuni dei quali tre o quattro volte più grandi dei normali ed uno di dimensioni ancora più grandi, della capacità di circa tre litri che viene esploso per ultimo a conclusione della sparatoria che si effettua nelle grandi feste e quindi il suo colpo è infinitesimamente più forte dei fratelli minori.
Essi sono di acciaio fuso di un solo pezzo a forma cilindrica con la base un pò più ampia in modo da stare bene in piedi.
Nella parte superiore sono a bocca aperta mentre quella inferiore è a fondo chiuso; un foro di circa 5 millimetri di diametro è praticato nella parte inferiore a circa un centimetro dalla base ed all’altezza dl piano del fondo interno attraversando la parete in senso orizzontale, comunica con l’esterno.
Le loro dimensioni sono circa le seguenti: altezza centimetri dieci, larghezza interna centimetri tre, esterna quattro; alla base centimetri cinque.
Si caricano per circa la metà inferiore con polvere pirica e per il resto calcina compressa a
suono di solenni martellate; fra la polvere e la calcina si introduce un pezzo di carta qualsiasi. Si collocano su una strada o zona periferica (ad Orvinio di solito vengono sparati o in via della Passeggiata da Piazza Girolamo Frezza al Torrione oppure in cima al Colle della Guardia) con il foro rivolto ad una sola parte già prescelta e si pongono ad una distanza che varia da centimetri 50 ad un metro.
Per ciascun mortaretto si mette un pò di polvere pirica a terra in corrispondenza del foro e questo è già stato riempito di polvere stessa, avendo cura che la comunicazione delle polvere esterna con quella interna, attraverso il foro, sia perfetta.
Al momento dello sparo il fuochista munito di una canna lunga circa un metro e venti centimetri, munita di miccia accesa alla estremità inferiore, dà fuoco alla polvere esterna causando lo sparo dei singoli mortaretti alla distanza di qualche secondo uno dall’altro senza interruzione.
Le cosidette batterie (volgarmente battagliere) sono costituite da un numero a piacere di mortaretti (normalmente da venti a cinquanta o giù di lì) vengono collocati in circolo irregolare con il foro rivolto nella parte interna ed alla distanza di circa trenta centimetri uno dall’altro.
Tutti i mortaretti del circolo vengono uniti con una linea continua di polvere pirica ed il fuochista, accostando la miccia in un punto qualsiasi della linea della polvere del circolo, si pone in disparte;
appiccato il fuoco, i mortaretti della cosidetta batteria, esplodono con grande fragore quasi simultaneamente.
Per ogni sparatoria si formano più batterie ad una certa distanza una dall’altra, in modo che dopo sparata la prima, prima di giungere alla seconda vi sono fra di esse gli spari dei mortaretti singoli.
A conclusione della sparatoria si pone sempre una batteria più numerosa forse di un centinaio di pezzi ed allora risultando il circolo più grande si pongono anche mortaretti nell’interno di esso a croce o in linee orizzontali ma tutti collegati con la polvere pirica; nel punto opposto a quello in cui verrà appiccato il fuoco si fa una diramazione con polvere lunga circa un metro dal circolo ed in contatto con esso ed alla estremità esterna si colloca il più grande mortarone che esplode per ultimo.
Lo sparo di questi coincide presso a poco quando durante le processioni religiose il Santo portato in processione risulta nel giro di ritorno in prossimità di Porta Romana.
I mortaretti sono stati acquistati nel modo seguente e tutti prima dell’anno 1860, anno in cui Orvinio cessò di appartenere allo Stato Pontificio e venne incorporato nello Stato del Regno d’Italia.
Nello Stato Pontificio tutti i negozi erano privative, e quindi vi era un solo caffé, una sola bettola, una macelleria, una pizzicheria, un forno, ecc..
Era consuetudine che ogni anno ciascun appaltatore di singola privativa doveva acquistare a proprie spese un nuovo mortaretto e regalarlo al Municipio onde aumentarne il numero e sostituire quelli che eventualmente scoppiavano, si perdevano durante gli spari o venivano sottratti. Questo è un dettaglio preciso che mi è stato riferito da molte persone da me interpellate e che hanno vissuto l’epoca prima del 1860.
I colombi, comunemente chiamate “palombelle” sono stati introdotti per la prima volta ad Orvinio verso l’anno 1885, ad opera dell’Ecc.ma Casa dei Principi Borghese che li fecero venire da Roma.
La tradizione vuole che la famiglia Taschetti di Orvinio sia oriunda della antica città di Vesbula (comunemente detta Pietra Demone o Morretta) e la famiglia Biscossi provenga da Castello Sinibaldi.
L’impianto della luce elettrica di Orvinio è stato inaugurato nell’anno 1914, in sostituzione di quello a fanali con lumi a petrolio, dal comm. Filippo Todini ed a sue proprie spese, come pure a spese dello stesso Todini, quasi contemporaneamente alla luce elettrica, fu inaugurato il servizio postale automobilistico Orvinio-Stazione Ferroviaria di Mandela, precursore di quello Orvinio-Roma che seguì circa dieci anni dopo.
Al n.5 di Piazza Garibaldi si ammira un bellisssimo portale di marmo di Cottanello.
Nella stessa piazza, sulla chiave dell’arco del portale distinto col n.2 è inciso quanto segue:
M.D.
C. III
Trattasi probabilmente della data 1604 e deve riferirsi certamente all’anno della sua costruzione.
Nelle pietre degli architravi di entrambe le finestre situate al secondo piano sopra alle porte distinte con i numeri civici uno e tre del corso Vincenzo Manenti è stato inciso in caratteri romani:
“IOSEPH. AN.TASCAE” riferentisi probabilmente al proprietario dell’epoca, appartenente alla famiglia Taschetti.
Riferentisi a varie epoche esistono vari stipiti in pietra di portoni e finestre abbastanza interessanti, alcuni dei quali bellissimi ed anche bene conservati; ne indicherò quì di seguito la loro precisa ubicazione:
-Salita del Borgo, al primo piano sopra le porte nn.tre e quattro, due finestre.
-Corso Manenti n.23 caratteristico e bel portale.
-Corso Manenti n.91, bellissimo portale con caratteristiche mensole che sostengono l’architrave.
-Corso Manenti al primo piano sopra il portone n.92, bellissima finestra.
-Corso Manenti, finestra al primo piano sopra il portone n.93; questa finestra si riferisce forse alla casa del portale n.91 di cui sopra.
Nella facciata della casa situata in via della Passeggiata in angolo col Corso Manenti (ora Quattro novembre) e di proprietà dei fratelli Francesco e Gioacchino Alivernini, distinta al n. civico (fig.107) si notano un bel portale e due finestre.
Sempre nella stessa via al n.29, avanzi di nobile portale e nella stessa casa tre finestre che si affacciano sulla via di Porta Vecchia delle quali, una all’inizio della discesa e due nei due piani alla facciata opposta al portale.
Altra finestra al primo piano sopra il portone n.61 della stessa via della Passeggiata.
Dentro l’abitato si notano delle Sacre Immagini e precisamente :
Al corso Manenti tra le due finestre al primo piano della Casa n.1, di proprietà di Anna Mancini in Zacchia, esiste una bella edicola con quadro dedicato alla Madonna della Provvidenza (fig.115).
Nella stessa via, della casa distinta col n.30 di proprietà di Elisa Marcangeli in Tani, notasi una vecchia edicola con visibili tracce di pitture; esiste ancora in sito il braccio in ferro battuto ancora bene conservato e che sosteneva il fanalino scomparso.
Via Roma, al primo piano della casa n.1, entro una nicchia, quadro ad olio riproducente la Madonna di Vallebona (proprietà di Livio Alessi).
Via della Passeggiata, presso il Torrione, nel muro di cinta del Parco del Castello di S.E. Filippo Cremonesi, in prossimità di un angolo entro una nicchia in pietra e sportello in ferro a vetri, Sacra Icone della Madonna di S:Agostino.
Via di Porta Vecchia, facciata della casa distinta col n.11, affresco del grande taumaturgo S.Antonio di Padova.
Al 2° piano di via Cesare Battisti e precisamente al n.40 esiste una nicchia vuota, ma che certamente in altri tempi doveva contenere qualche Sacra Immagine; ciò si desume anche dall’esservi conficcato un gancio nella parte superiore della nicchia e ad esso attaccato un pezzo di filo di ferro.
Nella parte interna del muro del giardino di proprietà del cav. Uff. Armando Alessi sito in via Cesare Battisti n.43 esiste una bella nicchia rivestita con mosaico d’oro con cornice di marmo bianco scolpita e arabescata e sovrastante riparo fisso con vetri colorati e lanternino di ferro battuto.
Entro la nicchia è stata collocata una statuetta bellissima in marmo bianco riproducente S.Teresa del Bambino Gesù (fig.114).
Fuori dell’abitato esistono tre cappellette in punti diversi del territorio; una in località “La Chiusa”, prossima al mulino di cereali omonimo dedicata alla Madonna della Pietà (proprietà di Nicolino De Angelis) (fig.116).
Una seconda situata al bivio della località “Immaginetta” fra la strada che conduce a Vallebona e quella al Colle della Guardia, dedicata all’Immacolata Concezione (proprietà di Augusto Petrucci) (fig.117) e la terza in località S.Benedetto o Madonnella dedicata alla Madonna di Lourdes di proprietà di Sante Biscossi (fig.118).
La prima si chiama comunemente Madonna della Chiusa, la seconda Immaginetta e l’ultima Madonnella.
Nell’aprile 1849, diretto alla difesa di Roma, dimorò in Orvinio l’Eroe dei due mondi, Generale Giuseppe Garibaldi ed alloggiò nella casa in Piazza Garibaldi n.1 di proprietà della famiglia Morelli e precisamente nella stanza al secondo piano avente la finestra in prossimità dell’angolo con la salita del Borgo ed in asse con via Roma e la porta della chiesa di S.Giacomo (finestra di mezzo della fig.7).
Nell’Archivio del Comune si conservano delle lettere autografe del Generale Garibaldi, ricordo di averle vedute anche io, ma anziché essere conservate con amorevole cura sono state vilemente trafugate ad opera di persone prive di onestà.
Anche costoro meritano l’onore di essere segnati al libro nero dei rapaci e distruttori del bello, della storia e dell’arte.
Ignorasi se insieme al prode Generale abbia dimorato ad Orvinio anche la sua moglie Anita, degna sua compagna, morta tre mesi dopo nelle campagne Tosco-Romagnole in seguito ai grandi stenti e disagi sopportati con stoica virtù Italiana; le probabilità e qualche punto di appoggio ci sono che lei sia stata ad Orvinio, ma non è accertato, il compito è riservato ad altri.
Attualmente esiste ancora il letto dove dormì il Grande Generale; non sarebbe male, anzi sarebbe doveroso da parte del Comune di Orvinio si prendesse l’iniziativa di farsi promotore affinché tale stanza con gli arredi dell’epoca di Garibaldi fosse dichiarata Monumento Nazionale e posta alla venerazione dei posteri.
A ricordo di tale avvenimento, sulla facciata è stata murata una pietra di marmo (fig.111-112-113) con la seguente dedica ivi scolpita ad eternare tale avvenimento:
In questa casa
Diretto alla difesa di Roma
Dimorò nell’Aprile 1849
Giuseppe Garibaldi
A perpetuo ricordo
Il Municipio di Orvinio
Pose il 20 settembre 1884
Nell’anno 1928 ho dedicato ad Orvinio il seguente “Inno” (fig.119) da me composto ed è adattato ad un semplice motivo di bell’effetto musicale sia se cantato a soli che in coro e specie se accompagnato da strumenti musicali e meglio da complessi bandistici.
La tiratura l’ho fatta effettuare solo con mille esemplari compreso quello a fig.15
Inno a Orvinio
(antico Orvinium)
Parole
di Amaranto Fabriani
(da cantarsi sull’aria di Valencia)
Orvinio , perla sei della Sabina
Che a Te tutta s’inchina
Orvinio, brilla sempre la Tua stella
Della luce la più bella
Orvinio, sei immensa nella gloria
E di Te parla la storia
Più grande sempre noi Ti vogliamo
E quest’Inno a Te eleviamo
Manenti il gran pittore
Nel marmo è già eternato
Frezza grande incisore
Che dev’essere onorato
Santa Maria del Piano
Gioiello del secolo Nono
San Giacomo del Bernini
Il Castello co’ suoi giardini
Orvinio, perla sei della Sabina
Che a Te tutta s’inchina
Orvinio, brilla sempre la Tua Stella
Della luce la più bella
Orvinio, pel presente e pel passato
Dai vicini sei invidiato
Sii sempre, vigilante sentinella
Della nostra terra bella
Garibaldi il generale
Diretto alla Capitale
Nell’aprile quarantanove
Venne a te verso le novembre
Nel Tuo grembo fu ospitato
E dal Tuo popolo fu acclamato
Nel palazzo dei Morelli
Vi passò dei giorni belli
Orvinio. Perla sei della Sabina
Che a Te tutta s’inchina
Orvinio, brilla sempre la Tua stella
Della luce la più bella
Orvinio, dall’acqua Tua cristallina
E dall’aria sopraffina
Tu sei, dolce luogo incantatore
Dalle donne piene d’amore
Fra le tue cose più belle
Prime vengono le Zitelle
E fra quelle più pregiate
Sono certo le Maritate
Ci son pure le Vedovelle
Anche loro graziose e belle
Sempre pronte a conquistare
Un altro uomo da sposare
(maggio 1928 anno VI E.F.)
In seguito al mio tenace interessamento presso le Autorità Capitoline, ho potuto ottenere che anche Orvinio fosse compreso fra i nomi delle vie dell’Urbe.
Ebbene la mia fatica è stata coronata dal successo e dall’anno 1935 “via Orvinio” è una realtà palpabile che chiunque può vedere per sincerarsene. Essa si diparte da via di Villa Chigi, che percorre la fronte della villa omonima, ed è ubicata di fronte a Villa Savoia, proprietà del nostro amato Sovrano, ed è in prossimità del luogo dove sorgeva l’antica città sabina “Antemnae” (oggi Andenne).
Allego due fotografie eseguite in sito nell’anno stesso della sua nascita (1935) e la persona che si vede è lo scrivente (vedere fig.120 e 121).
In prossimità della Casa Parrocchiale e più precisamente fra i civici numeri 69 e 71 del Corso Vincenzo Manenti, a circa un metro di altezza dal piano stradale, esiste una finestra munita di inferriate a forma romboidale.
Sul davanzale della stessa è stata posta un’antica pietra in travertino e sul lato superiore di essa è scolpito quanto segue:
+ ED ENOCE O M LV
Apparteneva forse alla prossima Chiesetta medioevale ora scomparsa e sostituita dall’attuale Chiesa Parrocchiale??
Roma - Via Orvinio
E’ situata di fronte a Villa Chigi ed in prossimità
di Villa Savoia residenza del nostro amato Sovrano
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