Il Libro di Orvinio

di Amaranto Fabriani

Edizione definitiva de Il Libro di Orvinio, scritto da un illustre personaggio della cittadina sabina.

Capitolo 22 - Errata corrige e Aggiornamento

18 settembre 1940 XVIII –
Mi riferisce l’eremita della Chiesa di Vallebona che verso la fine di ottobre dell’anno scorso, una sera si scatenava un grande temporale con abbondanti tuoni e lampi. Tutto ad un tratto, mentre erasi recato in Chiesa, sentiva un forte schianto seguito da un forte tonfo, cosa era successo? Un fulmine aveva colpito la torre più alta della cinta del vecchio paese di Vallebona che svettava maestosa nell’orto dell’Eremita e la parte superiore di essa crollava con grande fragore.

1939 – Per ordine del Segretario Comunale Meloni Luigi è stata tolta la cancellata di ferro che recingeva il vascone della fontana in via Roma in prossimità di Piazza Garibaldi per essere offerto il metallo alla patria.

16-7-1941
In seguito ad ordini ricevuti dalle Superiori Autorità, occorrendo il metallo alla Patria per supreme necessità di guerra, il Comune di Orvinio, ha fatto togliere oggi stesso i due timpani di bronzo dell’orologio collocato nella torretta soprastante la porta Romana e la campana del campaniletto dell’edificio scolastico (ex convento) attiguo alla Chiesa di S. Maria dei Raccomandati.
Qualche mese dopo a mezzo della corriera sono stati portati a Rieti.

17-5-1942
E’ morto in Roma, S.E.Filippo Cremonesi proprietario del Castello di Orvinio

1943
Ai primi dell’anno 1943 il Castello di Orvinio ha cambiato nuovamente il proprietario; è stato acquistato dal Marchese Roberto Malvezzi Campeggi (Guardia Nobile Pontificia) si dice per lire tre milioni e mezzo a porte chiuse e compresa la fattoria.
Per ordine del nuovo proprietario, tutte le suppellettili formanti l’arredamento del Castello di Orvinio, sono state portate a Roma e vendute all’asta pubblica nella Galleria Giacomini in via Condotti 91 e precisamente nei giorni dal 9 al 20 marzo; per la storia, sono state vendute (il giorno 11) persino le due bellissime e storiche portantine esternamente di cuoio nero con arabeschi dorati ed internamente foderate di velluto cremisi, frange d’oro e merletti del 600 – 700, appartenente ai Baroni Muti, in quell’epoca proprietari del Castello di Orvinio, per la somma di £.700 cadauna, io presente.

giugno 1940
L’Italia fascista (Capo del Governo Benito Mussolini) alleata della Germania (nazional socialista o nazista) con a capo Adolfo Hitler e del Giappone, dichiara guerra alla Francia e all’Inghilterra.

Dopo i primi successi, abbastanza effimeri, incominciano i rovesci militari che si risolvono nel più grande disastro che l’Italia ricordi.
L’Inghilterra e i suoi alleati occupano prima l’Africa Orientale Italiana (costituita dalla Somalia, l’Etiopia e l’Eritrea) poi la Cirenaica e quindi la Tripolitania.
Gli Stati Uniti d’America, attaccati dal Giappone, scendono in campo a fianco dell’Inghilterra; lo stesso fa la Russia perché attaccata dalla Germania.
Siamo alla primavera del 1943. Mentre la Russia si incarica di stritolare i tedeschi, gli anglosassoni occupano le isole italiane di Lampedusa e Pantelleria, sentinelle avanzate nel mare Mediterraneo; successivamente viene la volta della Sicilia incominciando dalla costa meridionale e quindi attraverso lo Stretto di Messina avviene l’invasione della nostra martoriata penisola incominciando dalla Calabria.

25 luglio 1943
L’Italia è stremata per i terribili colpi ricevuti nonché per le gravi sofferenze e restrizioni inconcepibili a cui è stata sottoposta.
Sua Maestà Vittorio Emanuele III di Savoia, Re d’Italia e d’Albania e Imperatore di Etiopia fa arrestare (in Roma a Villa Savoia) Mussolini, dopo averlo esonerato dalla carica di Capo del Governo, nominando quale suo successore S.E. il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio.

8 Settembre 1943
S.E. il Maresciallo Badoglio, dopo attento esame della tragica situazione italiana, d’accordo col Sovrano, chiede agli Anglosassoni ed ai Russi la pace, che viene accettata con la resa a discrezione dell’Italia (purtroppo non c’è altro da fare).
Mentre la quasi totalità dell’aviazione e oltre centomila unità della nostra Regia Marina vengono consegnate agli Inglesi nei porti dell’isola di Malta, il resto del nostro glorioso esercito rimasto in Italia, mediante arti subdole e a tradimento con l’uso anche delle armi viene disarmato e disperso dalle armate tedesche che erano disseminate un pò dappertutto sul suolo Italiano.
In meno di una settimana, i teutoni (che sono sempre degni discendenti ed emuli di Attila) sono riusciti a polverizzare il nostro Esercito occupando l’Italia Settentrionale e Centrale, compresa Roma.

Settembre 1943
Orvinio viene occupato dai tedeschi verso la fine di settembre 1943 da circa sessanta uomini tra graduati e truppa.
Il comando tedesco prende dimora nella casa del cav. Uff. Armando Alessi (ultimo piano del palazzo Morelli in Piazza Garibaldi) mentre la truppa si impadronisce della Fattoria del Marchese Malvezzi.
Successivamente occupano il Granarone del Castello, tutto il quartiere dei Villini e l’autorimessa di Ricci Pompeo sulla strada carrozzabile in prossimità di Carpinetto.
Non ostante che il Castello fosse stato posto sotto l’egida dello Stato neutrale della Città del Vaticano e non ostante che agli ingressi fossero state apposte delle ben visibili tabelle monitrici dai colori della Santa Sede, i novelli Unni non hanno mancato di invaderlo lo stesso; sembra però che non vi abbiano arrecati gravi danni.
Dopo l’occupazione dell’Italia da parte tedesca, il nostro sovrano dichiara guerra alla Germania ed al Giappone, ponendosi a fianco dei suoi nuovi alleati Anglosassoni, Russia, Cina, Brasile e molti altri Stati minori per liberare il nostro sacro suolo dalle orde teutoniche.



17 giugno 1944
Incalzati dalle truppe italiane ed alleate gli ultimi soldati tedeschi abbandonano Orvinio alle ore cinque di sabato 17 giugno1944 dirigendosi verso Rieti dopo aver fatti saltare con la dinamite, alle ore tre il ponticello o chiavicotto detto dello sprofondo o del bottino ed alle ore cinque della stessa mattina il ponte grande in località Grugnaleta (detto Ponte di Orsi – nome del costruttore) prospiciente il Santuario della Madonna SS.ma di Vallebona.
Verso le 5,30, ad opera degli stessi eroi, la stessa sorte è toccata al ponte grande di Poggio Moiano in località Malpasso.
La sera precedente con lo stesso metodo e dagli stessi eroi, saltavano in aria il ponte sotto Roccagiovine e un altro ponte sopra Percile stesso ed il località Fotrani veniva abbattuto un muro di sostegno della montagna con conseguente frana ed ostruzione della strada carrozzabile.
In seguito alle distruzioni suddette, Orvinio è rimasto completamente isolato sia dalla parte della Via Salaria e sia dalla Tiburtina Valeria.
Mentre gli abitanti dei centri vicinori hanno sofferto gravi danni, specie Licenza, Percile e Poggio Moiano, gli edifici di Orvinio si sono salvati miracolosamente.
Non un solo fabbricato è stato distrutto o danneggiato seriamente, non ostane che il Castello, il palazzo Morelli, la casa Frezza e la casa Ricci fossero state tempestivamente minate.
Stante la precipitosa ritirata dei barbari, forse non hanno fatto in tempo ad appiccare il fuoco alle miccie.
Si può pertanto coscenziosamente escludere il Divino intervento della Madonna SS.ma di Vallebona?
Mi viene riferito che qualche giorno prima, Orvinio è stato visitato anche dal Maresciallo del Reich tedesco Kesserling Comandante in Capo delle truppe germaniche in Italia. (Roma è stata occupata dalla V Armata Americana e da reparti di bersaglieri ed alpini italiani il giorno 4 giugno 1944).
Solo il Sommo Iddio è stato testimone (e certamente sarà anche il Supremo Giudice inesorabile) di civiltà a tutte le genti, commettendo un'infinità di fucilazioni, deportazioni anche in massa, saccheggi, distruzioni di interi villaggi e città, vessazioni di ogni genere le più raffinate arti affinché le atrocità fossero più terribili nonché atti di vera crudeltà effettuati con cinismo ributtante non risparmiando né donne, né bambini, né vecchi, né ammalati a letto e nemmeno suore e sacerdoti.
Anche Orvinio ha pagato di persona con due dei suoi figli migliori; due giovani certi Alessi e Ragazzoni che inermi transitavano per istrada furono, senza motivo alcuno fucilati.
Questo gli Italiani debbono ponderare e ricordare.

8-9-10 settembre 1943
Mentre i tedeschi con la forza e con l’inganno, si incaricavano di dissolvere il più rapidamente possibile i resti del Glorioso se pur sfortunato Regio Esercito Italiano che dopo la disfatta subita in Africa settentrionale, era ancora forte di oltre trenta Divisioni, la stessa sorte era purtroppo riservata alle sei Divisioni poste alla difesa di Roma.
Se si esclude il valore dimostrato da qualche sparuto reparto in località e da Corpi diversi, il peso (si può dire totale) fu sostenuto dalla sempre fedelissima ed invitta non mai smentita Divisione “Granatieri di Sardegna” (già Guardia del Re) che era stata scaglionata da Albano a Fiumicino.
L’urto tremendo avvenne nei paraggi della Città militare in località “Cecchignola” fuori Porta S.Paolo e la lotta furibonda durò ininterrottamente circa 50 ore.
Il valore dei granatieri fu superiore ad ogni elogio.
La superba Divisione affrontò l’impari lotta con la forza di soli tremila uomini, senza alcuna speranza, e dopo aver resistito oltre ogni umana possibilità di fronte alle preponderanti forze tedesche armate fino ai denti e che facevano un fuoco infernale, il giorno dieci, senza l’appoggio di bocche da fuoco, accerchiata da numerosi carri armati, esaurite le munizioni e priva di viveri per mancanza di rifornimenti, essendosi dimostrata inutile ogni ulteriore resistenza, soprafatta doveva, suo malgrado, cedere.
Tempestivamente però era stato provveduto a mettere in salvo le gloriosissime bandiere onuste di gloria e cariche di medaglie al valore comprese quelle auree.
I Tedeschi escogitarono ogni mezzo, dalle lusinghe alle minacce, per venire in possesso dei gloriosissimi vessilli, ma non ci riuscirono.
Le perdite subite dalla indomita Divisione sono state spaventose e cioè 1550 unità (oltre il 50%).
Queste cifre bastano da sole a documentare l’alto valore e l’eroico comportamento dei baldi
Granatieri.
Sappiano gli Italiani (lo ricordino e non lo dimentichino) che durante l’aspra lotta, i Granatieri che cadevano prigionieri dei tedeschi, venivano da questi prima spogliati, denudati poi fucilati ed infine gettati nel fiume Tevere: Ogni commento guasterebbe.


8 maggio 1945
Gli eserciti alleati operanti in Italia, composti di truppe Americane (5° Armata), Inglesi (8° Armata), Australiane, Brasiliane, Canadesi, Indiane, Sud Africane, Francesi e Polacche oltre a sei Divisioni del Regio Esercito Italiano ed al concorso della nostra Regia Aeronautica e Regia Marina, alla fine di Aprile 1945 avevano ricacciati i barbari tedeschi dalla Sicilia fino alla Pianura Padana.
La notte del 3 maggio 1945 nell’Italia del Nord ancora soggetta al tallone teutonico, avveniva la simultanea sollevazione generale delle bande di Patrioti Italiani comandati e diretti dal Generale Raffaele Cadorna che occupavano quasi per intero il Piemonte, la Liguria, l’alta Emilia e buona parte della Lombardia e del Veneto, nonché le principali città con la cattura di molti reparti tedeschi sorpresi dall’inaspettata simultanea sollevazione.
Per tale fatto i Comandi alleati a corsa veloce accorrevano in sostegno dei patrioti Italiani ed occupavano fino al Passo del Brennero senza combattere ed il giorno 8 maggio 1945 si concludeva la campagna della cacciata dall’Italia dei barbari tedeschi invasori in una sala del Palazzo Reale di Caserta dove veniva firmato l’atto di resa senza condizioni del Gruppo delle Armate teutoniche operanti in Italia, in Austria meridionale e nella Bassa Baviera fino a Berdsgaden (fortezza e rifugio di Adolfo Hitler.
Per tale avvenimento vi sono stati tre giorni di festeggiamenti in tutto il mondo a cominciare dalla martoriata Londra che ha sofferto come poche altre città.

24 settembre 1947
In compagnia del sig. Firmani, segretario del Municipio di Orvinio, ci siamo recati a Rieti alla ricerca della campana della Chiesa Abbaziale di S.Maria del Piano.
Dopo il dovuto permesso concessoci dal Segretario Capo di quel Municipio, abbiamo ispezionati i locali del Teatro Civico, del Museo e della torre campanaria sovrastante la facciata del Palazzo Comunale, ove si supponeva fosse stata collocata.
Le ricerche sono state coronate da pieno successo, perché il Sacro Bronzo è stato scovato in un angolo remoto presso il palcoscenico del Teatro Vespasiano.
In un colloquio concessoci dal Prof. Sacchetti Sanetti Sindaco di Rieti, questi ci ha confermato che la campana di S. Maria del Piano di Orvinio, è effettivamente quella che trovasi nei locali del Teatro Civico. La campana misura centimetri ottanta di altezza, esclusa la corona che serve per fissarla al ceppo; il diametro della bocca è uguale all’altezza cioè cm.80, spessore cent. Otto.
Nella parte superiore esterna, in due righe poste tutt’ingiro si nota:








Fra Nucula e Abba la Beata Vergine seduta con in grembo il Santo Bambino poppante (che riproduca la Madonna di Vallebona conosciuta fin da quel tempo?)
Più sotto un albero di olivo con rami, foglie e radici.
Sotto la parola Aquilanus si nota una aquila reale ad ali mezze aperte con corona a tre palle in testa (forse simboleggia la città di Aquila).
Sotto il quarto C della data di fusione un piccolo Crocefisso (circa otto centimetri) a circa venti centimetri dalla cupola un festone di fiori ed angelica a quattro ali equidistanti di circa cinque centimetri con festoni di fiori.
Tutto il resto della superficie esterna è completamente liscio.
Il Municipio di Orvinio ha già iniziate le relative pratiche presso le Superiore Autorità, onde rientrare in possesso della sua campana; speriamo che il nulla osta, da circa un secolo tanto agognato, non si faccia troppo attendere affinché la bella campana, dalle elegantissime linee, dopo un sì lungo periodo di forzato silenzio, possa con la sua squillante voce, placare il giusto risentimento di tutti gli Orviniensi per l’immeritato affronto commesso nell’aprile del 1849 dal Preside di Rieti sig. Raffaele Feoli.

Giugno 1948
(Vedere 1939) La cancellata della fontana, dopo essere stata divelta e gettata a terra nei retrostanti locali dei pubblici lavatoi, è rimasta colà per tutto il periodo della guerra ed oltre.
Con lodevole iniziativa, il Municipio di Orvinio, dopo averla fatta restaurare, la faceva ricollocare al proprio posto, degno corollario della monumentale fontana.

2 Giugno 1946
Giornata di lutto nazionale e di vergogna per l’Italia.
La coalizione dei partiti politici di estrema sinistra, capeggiati dai comunisti e dai socialisti fusionisti, in unione ai partitini di azione e repubblicano storico, ai quali si è aggiunto all’ultimo momento il partito della democrazia cristiana che, (per essere in questo momento il partito più forte, porta il maggior peso delle proprie gravi responsabilità) è stato imposto alla Nazione il referendum istituzionale, affinché gli Italiani si pronunciassero, mediante il voto, se preferissero continuare e quindi confermare se intendessero essere governati dal regime Monarchico, oppure preferissero quello repubblicano.
Peraltro, anziché attendere un periodo di maggior calma, affinché gli Italiani avessero potuto dare il loro voto con maggiore ponderatezza e dopo matura riflessione, si è invece stabilito a bella posta, di effettuarlo a poca distanza dalla fine della tremenda guerra perduta, quando cioè gli animi erano esasperati per la sconfitta immeritatamente subita, e tanti continuamente in tale stato, dalla iniqua e perfida nonché falsissima propaganda, fatta abilmente dagli attivisti degli stessi estremisti. Aggiungasi poi, che il Ministro degli Interni era un certo ingegnere Romita socialista e fervente repubblicano che in combutta con la cricca estremista, ha manovrato a danno della Monarchia Sabauda in modo palesemente sconcio e ributtante che veramente è amata e benvoluta dalla stragrande maggioranza degli Italiani degni di questo nome.
Hanno fatto votare più volte la stessa persona in sezioni diverse, i morti i bambini, annullate schede valide, accettate schede false, sostituzione di schede durante le votazioni e gli scrutini, intimidazioni alle persone, lettere minatorie, sorvegliati gli elettori alle cabine ed ingannati dove dovevano apporre la crocetta sulla scheda; schede sottratte e distrutte (i fruttivendoli del mercato di Piazza Vittorio Emanuele in Roma ci è stato riferito da molti- hanno incartato la loro merce con schede sottratte ai seggi), seggi ed urne violati col consenso di agenti partigiani di Romita ecc ecc.
Sono stati esclusi dal voto moltissimi ex fascisti, ex Senatori, gli Italiani della Venezia Giulia, i prigionieri Italiani trattenuti fuori dell’Italia, gli Italiani delle Isole del Dodecanneso, quelli rimasti nelle Colonie Italiane e tutti gli Italiani all’estero, nonché quelli che trovavansi sulle navi in tutti i mari del mondo, ben sapendo che il loro voto sarebbe andato difilato alla Monarchia.
Non ostante ciò, i comunicati radio che continuamente annunciavano l’andamento degli scrutini in tutto il Regno, fin verso le ore 23, dicevano chiaramente che la Monarchia era sempre in prevalenza sulla repubblica.
Poi per alcune ore la radio ha taciuto; che cosa era avvenuto? E’ certo che sono stati dati gli ordini necessari per accentuare i brogli, affinché il grande piccolissimo Romita fosse messo in condizione di poter annunciare il seguente comunicato ufficiale e cioè:
Monarchia voti 10.719.284
Repubblica voti 12.717.923
Voti nulli 1.498.136.
Questi i dati ufficiali fatti su misura in un simile referendum!!!
Sappiano i posteri che così è nato questo mostriciattolo di repubblica così detta di Masaniello.
Ci auguriamo invece che, fra non molto, possa indirsi un nuovo referendum con liberissime elezioni; sono certo che allora gli Italiani sapranno dare una giusta risposta, in riparazione dell’onta subita coercitivamente nel nefasto 2 giugno 1946.
Questo non per una idea, ma solo nell’interesse di tutta l’Italia che adora, come sempre, Casa Savoia e non dimentica che non avremmo mai avuta l’Italia unita se la Monarchia Sabauda, al principio del secolo scorso, non avesse raccolto il grido di dolore di tutti gli Italiani oppressi dal giogo dei vari staterelli che pullulavano nella nostra martoriata penisola.
Si tenga sempre ben presente che la Monarchia ci unisce dalle Alpi al Lilibeo, mentre la Repubblica ci divide.

8 Dicembre 1949
(vedere 1939 – 16.7.1941 e giugno 1948)
Come è stato provveduto a rimettere a posto la cancellata nella fontana monumentale in Via Roma, così è stato provveduto a riavere dallo Stato delle fusioni in bronzo titolato, identiche per forma e peso a quelle requisite il 10.7.1941.
La benedizione dei sacri bronzi, prima di essere ricollocati al posto dove furono tolti, è avvenuto oggi stesso nella piazzetta antistante la Chiesa di S. Maria dei Raccomandati.
Il battesimo della campana che le è stato imposto il nome dell’Angelus è stato impartito dal parroco di Orvinio Mons. Sarrocco don Salvatore; madrina è stata Suor Anna delle Figlie della Croce, Superiora del Convento di Orvinio. E’ stata ricollocata sulla sua torretta alle ore 12 del 17.12.1949 parlando per la prima volta con la sua bronzea voce, alla popolazione di Orvinio che attendeva ansiosa. La nuova campana pesa Kg.94; nella parte esterna, al centro è riprodotta l’effigie della Madonna SS.ma dei Raccomandati che sormonta l’Altare Maggiore della prossima Chiesa omonima, con sotto la scritta della vecchia campana requisita e cioè AVE MARIA GRAZIA PLENA A.D. MDCVIII.
In alto verso la cupola della stessa cinque teste di cherubini alati con festoni.
In basso presso la bocca si legge:
ABLATUM TEMPORE BELLI A.D.MCMXL –MCMXLV –RESTITUTUM PUBLICO SUMPTU A.D. MCMIL (cioè 1949)
Qualche giorno dopo sono stati messi a posto anche i nuovi timpani dell’orologio sovrastante a Porta Romana.

21 Novembre 1949
Il Municipio di Orvinio con ordinanza n.59 del 21.11.49 a firma del sindaco dott. Valentino Tani ha ingiunto alla popolazione di provvedere entro dieci giorni alla rimozione delle salme, sepolte entro la Chiesa di S.Maria del Piano e tumularle nel nuovo Camposanto in voc. Petriane nelle rispettive tombe di famiglia, trascorso detto termine il Comune ha provveduto a proprie spese a trasportare tutte le ossa entro l’ossario comune nel nuovo Camposanto. Provvedimento meritorio.

Luglio 1951
La ditta F.lli Lorioli di Milano ha coniate diecimila medaglie da diciotto millimetri di diametro in onore della Madonna SS.ma di Vallebona con la scritta “Madonna SS.ma di Vallebona” mentre sul rovescio è riprodotto il monte di Vallebona con il sovrastante celebre Santuario e la grande torre nel prossimo orto dell’eremita con la leggenda “Santuario di Vallebona – Orvinio”.
Per averne qualche esemplare occorre rivolgersi al Parroco di Orvinio mediante una libera offerta a beneficio del Santuario stesso.

Estate 1951 e seguenti
Per allargare di alcuni metri il viale Roma dalla Piazza Garibaldi al piazzale antistante la Chiesa di S.Giacomo, è stato effettuato il taglio del monte e con il materiale di risulta si è colmata la conca delle Canapine (ex cava di argilla per le prossime antiche fornaci di laterizi) contigue al viale Roma; con tali movimenti di terra ne è risultato un immenso piazzale molto comodo per effettuarci delle partite di calcio, per effettuarvi la trebbiatura del grano e per il riposo dei numerosi villeggianti.
Nello stesso periodo sono stati rinnovati i selciati con le relative cordonate nell’intera Salita del Borgo, della cordonata che immette dal Corso Vanenti alla Porta dell’Arco e riattamento della maggior parte delle strade e piazze dei Rioni Casalino, Torricello e S.Giacomo, nonché la sistemazione del viale della Passeggiata con speciale riferimento al Torrione; però, a mio parere, il lavoro non è stato eseguito a regola d’arte e certamente i nuovi selciati resisteranno breve tempo, al confronto di quelli disfatti, che hanno funzionato egregiamente per un periodo ultra secolare.
Sempre nello stesso periodo di tempo è stato rabberciato il muro di sostegno del Piazzaletto antistante la Chiesa di S.Maria dei Raccomandati; peraltro mentre prima del muro di sostegno non esisteva alcun riparo, ora sono stati eretti all’ingiro alcuni pilastri in pietra collegati da canne metalliche a coronamento di tutta l’estensione del muro di sostegno stesso.

1 gennaio 1951
Sono stati avulsi dal Mandamento di Orvinio ed aggregati a quello di Rieti i seguenti Comuni con le rispettive frazioni:
- Collalto
- Collegiove
- Marcetelli
- Nespolo
- Paganico
solo per la Giurisdizione degli Uffici finanziari e cioè Agenzia delle Imposte Dirette ed Ufficio del Registro, mentre per quella della Pretura, appartengono sempre a quella di Orvinio.

18-22 febbraio 1953
Da testimoni oculari ho appreso i particolari del crollo totale dell’intera facciata principale della Chiesa Abbaziale di S.Maria del Piano.
Il 18 febbraio 1953 inaspettatamente è crollata la parte anteriore del muro della zona superiore comprendente le opere d’arte della facciata stessa e cioè il coronamento del timpano, il rosone, la finestra, le due lesene con i rispettivi capitelli corinzi ed i sei archetti con le due lapidi.
Verso le ore 11 della successiva domenica 22 febbraio, con grande fragore improvvisamente rovinava il resto della facciata, fino alle fondamenta, compreso il portale; rinuncio a descrivere il miserando spettacolo che si è presentato ai miei occhi allorché mi sono recato a vedere tanta rovina. Pertanto mi sono subito precipitato alla Sovrintendenza Monumenti e scavi del Lazio, in Piazza S.Ignazio, informandola del disastro capitato a S.Maria del Piano; infatti una commissione di ingegneri della stessa Sovrintendenza da me sollecitati, effettuava il 10 marzo 1953 un sopraluogo, redigendo un’ampia relazione per il superiore Ministero della Pubblica Istruzione.
Il 17 marzo 1953 riunione nel palazzo comunale di Orvinio dei rappresentanti della suddetta sovrintendenza, dell’Intendenza di Finanza di Rieti e del sindaco di Orvinio professore Goffredo Liguori per concordare la cessione gratuita di tutto il complesso di S.Maria del Piano, dal Comune di Orvinio verso lo Stato Italiano, giusta Deliberazione n.4 del 30 aprile 1953 del Consiglio Comunale di Orvinio, debitamente approvata dalla Autorità Tutoria; in detta Deliberazione il Comune di Orvinio ha posto a suo carico le spese di registrazione dell’atto di cessione.
Nel frattempo, in seguito al mio personale interessamento, avendo ottenuto dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti presso il Ministro della Pubblica Istruzione, un primo stanziamento di fondi sul bilancio 1953 di detto Ministero, nella misura di cinque milioni di lire, ai primi di giugno 1953 infatti si sono iniziati i tanto sospirati lavori di restauro cominciando dalla torre (vedi fig.22 e 23 a pag.62 A) campanaria .
I lavori saranno lunghi e pazienti e speriamo di vedere presto l’opera compiuta in modo che la bella e importantissima Chiesa Abbaziale di S.Maria del Piano, vanto di Orvinio e dell’intera Sabina, torni a splendere quale fulgida gemma, del suo antico splendore.


S. Maria del Piano dopo il crollo della facciata della Chiesa avvenuto il 18 e 22 febbraio 1953.






















S. Maria del Piano dopo il crollo




















Giugno 1953 – Inizio dei lavori di restauro della torre Campanaria di S. Maria del Piano













L’Osservatore Romano – 24 Dicembre 1954

Il restauro al campanile di S. Maria del Piano in Orvinio

Vuole la tradizione che il complesso abbaziale di S. Maria del Piano nei pressi di Orvinio sia stato eretto dall’imperatore Carlo Magno in segno di gratitudine alla Vergine per avere riportato in quei luoghi una eccezionale vittoria sui Saraceni nella marcia da Ancona verso Roma dove lo attendeva la solenne incoronazione in S. Pietro. Pur prestando alcuna fede a quanto narra la leggenda fiorita in una regione che pur vede nella sua storia l’apparizione dei Franchi, non si può fare a meno di constatare elementi ed esemplari stilistici nella costruzione dell’abbazia, che di molto si avvicinano al periodo approssimativo narrato nella leggenda e fanno datare almeno in parte l’abbazia e la chiesa con la torre campanaria ad età anteriore all’XI secolo.
Comunque il primo documento riguardante S.Maria del Piano, risale al 1015 e ricorda come dei magnati del luogo donarono a Farfa un territorio della Sabina “in loco qui nominatur ad illa plana, ubi est aedificata ecclesia vocabulo Sancta Maria”.
L’importanza dell’abbazia toccò il punto massimo nel pieno medioevo e quindi cominciò a declinare, subito dopo il Rinascimento di grado in grado finché fu abbandonata e, nel 1869, ceduta al Comune di Orvinio, che vi creò un piccolo cimitero.
Attraverso vari secoli di completo abbandono la struttura muraria dei tre nuclei subì ingenti danni che culminarono mesi or sono con il crollo in due tempi della facciata della Chiesa bellissima nello stile romanico abruzzese con la monofora istoriata sottostante al rosone e con il portale quattrocentesco sovrapposto in un secondo tempo allo stile iniziale.
Negli ultimi tempi l’unico elemento che conservava una certa integrità era il campanile. Lesioni longitudinali per tutta la sua altezza ne insidiavano la stabilità e fecero decidere il prof. Ceschi, Soprintendente ai Monumenti del Lazio, ad iniziare il restauro del superstite avanzo di quella che fu una potente e ricca abbazia.
La direzione del lavoro venne affidata all’ing. Giovanni di Geso. Dopo aver liberato la base del campanile dalla folta vegetazione selvatica abbarbicata alle mura e dopo aver raccolto e selezionato il materiale giacente all’intorno e caduto dalla torre stessa, si approntò un robusto ponte di servizio, tutto intorno al perimetro del campanile ed avente funzione, insieme a sei cerchiture in ferro alternate fino alla sommità della costruzione, di sostegni di sicurezza nel caso di eventuali movimenti di assestamento del campanile.
Tali mosse di assestamento si temettero allorché fu liberato l’interno della torre dal materiale e dai detriti della copertura e a maggior sicurezza furono operate nell’interno sbadacciature in considerazione anche della totale polverizzazione della malta fra i conci e quindi della conseguente maggiorata sensibilità dei muri a pressioni esterne ed interne. Fu ripresa poi l’opera muraria dei quattro piloni del campanile, due dei quali presentavano un notevole fuori piombo. Nel delicato lavoro fu impiegato tutto il materiale originale rinvenuto ai piedi della torre campanaria e rappresentato nella sua gran parte da mattonati e conci romani, alcuni dei quali recanti incise scritture indubbiamente facenti parte di antiche lapidi scolpite nel periodo romano.
Successivamente si provvide a disostruire le aperture del campanile, le bifore e le trifore, ricollocando al proprio posto le originali colonnine e i capitelli rinvenuti nel materiale caduto e accumulatosi a terra e a ricostruire il tetto completamente mancante, a quattro pioventi, interpretando l’andamento di tutto lo stile. In questo modo nel novembre 1954 si pose termine al restauro del campanile iniziato nel giugno del 1953, ridonando allo antico monumento le suggestive caratteristiche proprie della sua epoca.
Della secolare abbazia benedettina, al di fuori del campanile non rimane che un insieme di mura decrepite e in rovina nell’insieme del quale a stento si rintracciano i fondamentali motivi architettonici. La torre campanaria restaurata e rinnovata innalza i suoi contorni precisi che si stagliano, alla base, sull’incerto biancore delle rovine.
E l’antica abbazia attende che anche per lei giunga il giorno della miracolosa resurrezione per poter ridonare al campanile la completezza originaria e per poter ancora per molti decenni tramandare ai posteri la tradizione che è metà storia e metà leggenda del re dei Franchi, Carlo Magno.