Il Libro di Orvinio

di Amaranto Fabriani

Edizione definitiva de Il Libro di Orvinio, scritto da un illustre personaggio della cittadina sabina.

Capitolo 5 - Chiesa di S. Maria dei Raccomandati

Alla sommità della salita del Borgo esiste la Chiesa a croce latina dedicata alla Beata Vergine sotto il titolo di S. Maria dei Raccomandati, costruita nella seconda metà del secolo XVI E.V. con annesso convento tenuto dai Religiosi Conventuali per alcuni secoli e ciò fino all’epoca Napoleonica in cui fu denominata.
Nel convento vi risiedeva anche la Confraternita del Gonfalone (esistente tutt’ora) aggregata alla Misericordia di Roma.
Ha una armonica e bella facciata e la solida torre campanaria, caratteristica per la sua forma, è innestata al muro di destra della Chiesa in linea con la facciata stessa (fig. 58 e 59).
Nella facciata del campanile che guarda Porta Romana vi è un antico orologio il cui meccanismo, sistemato nell’interno della torre è stato costruito nell’anno 1851 da un certo Vincenzo Colantoni.
All’ultimo piano vi sono collocate tre campane di diversa grandezza; la più piccola porta la seguente iscrizione:
“Coitas ac Venerab Soc. Conf. Et rosarii Caniis – Ad honorem Dive Mariae Da Raccomandati A.D.I.S. 20 mortui”. Tradotto in italiano suona presso a poco come segue: - Donata insieme dalla Confraternita (del Gonfalone) e (Congregazione) del Rosario di Canemorto in onore di S. Maria dei Raccomandati, per i (loro ?) morti.-
Come si vede essa deve essere stata donata dalla Confraternita del Gonfalone ma si ignora la data di fusione che certamente deve rimontare a qualche secolo fa.
Le altre due sono state rifuse dalla fonderia dei Fratelli Lucenti di Roma, la mediana l’anno 1833 e la grande l’anno 1766, quest’ultima rifusa (come leggesi su di essa) da altra precedente del 1601.
Le due maggiori andarono in pezzi in seguito alla caduta di un fulmine abbattutosi sul campanile mentre la più piccola fu rispettata; questa però alla sua estremità inferiore porta i segni ben visibili della folgore. Quando avvenne ciò? Probabilmente nell’anno di rifusione della grande e cioè 1766, perché certamente la media è stata di nuovo rifusa nel 1833.
Si deve ritenere pertanto che la piccola sia stata appesa al campanile prima del 1766.
La Chiesa è coperta con tetto ad incavallature visibili con travature di legno; dalla piazzetta antistante si entra nella porta principale (fig.59) mentre altri due ingressi secondari esistono, uno dal lato sinistro, l’altro da quello destro passando da quest’ultimo attraverso la sagrestia.
Da più punti scoperti, si rileva che le pareti sono tutte affrescate; forse dal cav. Vincenzo Manenti e da suo padre? – Dentro la Chiesa, ai primi del secolo scorso e precisamente durante l’infausta dominazione Napoleonica, ci furono accantonate le aborrite e prepotenti soldataglie francesi.
Le pareti furono molto danneggiate, soprattutto perchè nell’interno della Casa di Dio, vi furono accesi anche dei fuochi dai novelli Unni. Per tale fatto, dopo partiti i gallici devastatori, le autorità del tempo, poco opportunatamente ordinarono l’imbiancatura delle pareti, rimanendo in tal modo coperti gli affreschi.
A destra entrando vi era una bella acquasantiera a piede, in marmo di Cottanello, gemella di quella ancora esistente in S. Maria di Vallebona.
All’inizio delle due pareti di destra e di sinistra esistono due lapidi di pietra (fig.60 e 61) -
Su quella di sinistra (fig.61) è scolpito:

D.O.M
Petro, Fuschetto, S.S. Mav = et Lazae
Equiti. Ob. Meritae. In Eum Ordinem
Commenda. Donato. Spectatae
Belgico. Bello. Virtutis
IACOBUS MUTUS. VALLIS
MUTIAE. DUX. II.
Quod Incomparabili. Fide. Consta-
Ntia. Que. Annos. XL familiarem
Egerit. Qua. Caroli. Patri
Classis. Sabaudiae. Praefecto. Egre
Giam. Operam. Navavit. Qua. Sibi.
Genevensi. Bello. Domiq= Officio
Affectus. Consilio. Pietate. Sadiste
Cit. Vixit. An. LXVI. Decessit. Die XXVIII
Ianv MDCVIII
(segue lo stemma)

mentre su quella di destra si legge quanto segue:

D.O.M.
P.Paulo I.V.C.Ecc. Nob. Iacobi Fam.
Gall. Lugdunen. Oriundo
Romano. Ob. Singularem
Eius in Rebus Agendis
Dexteritatem Animique
Integritatem Ac Fide. Prin
Cipibus viris Precipue. Vero
Mutiorem. Fam. Summe. Caro
Iacobus Mutius Caroli. F. Vall.
Mut. Dux. II Benevol.e Ergo. P. C.
(segue lo stemma)

Obiit. A.D.M.D.C. VII. XIII. Kal. Sept.
Viscit. Ann. LV

Sopra di esse, all’altezza di quattro o cinque metri dal pavimento esiste la originale lignea cantoria, ancora bene conservata, che vi si accede dal campanile; ricordo bene di aver visto da fanciullo i resti del minuscolo organo che ivi esisteva al tempo dei Conventuali.
A titolo di curiosità dirò che i cosciali di legno del primo caposcale del campanile, sono stati costruiti con travi tolti dal soffitto della Chiesa di S. Maria del Piano.
Ritorniamo in Chiesa. Fatti pochi passi dalla porta principale, si incontra nel bel mezzo del pavimento della unica navata la prima pietra tombale con al centro scolpite in caratteri romani, due grandi F maiuscole (fig.62) e che chiude la sottostante tomba appartenente alla mia famiglia, perché le due lettere suonano Famiglia Fabriani.
A pochi passi ancora si incontrano due altari uno di fronte all’altro; quello di sinistra (fig.64) sormontato da un grandissimo affresco rappresenta S. Francesco di Assisi che riceve le Stimmate.
Ai lati fanno corona dei piccoli riquadri ove sono riprodotte le Virtù Carnali e Teologali opera poderosa del Cav. Vincenzo Manenti.
La figura con la barba bianca col capo volto un pò a destra, vestita da Papa e indossante pividie con ai piedi la tiara (in basso a sinistra) è l’autore del quadro cioè il Manenti.
Da tale figura è stato riprodotto il medaglione in bronzo che sovrasta la lapide a lui dedicata posta nella facciata della sua caso ove nacque .
Quello di destra è sormontato da grandissima e magnifica tela con classica cornice (fig.65) dedicato alla S.S. Vergine del Rosario contornato da piccoli riquadri rappresentanti i quindici misteri; anche questa è un’opera insigne e probabilmente anche essa sarà uscita dal pennello del celebre Manenti.
Su questo altare, negli ultimi anni del secolo scorso, mentre fervevano i lavori di ricerca e di indagini per onorare degnamente il grande figlio di Orvinio, Vincenzo Manenti, in occasione del III Centenario della sua nascita, da alcuni membri dell’apposito Comitato costituito per le onoranze, furono rimossi i gradini di legno dove poggiano i candelieri per scrutare sotto la grande tela della suddetta Vergine del Rosario. Con grande stupore fu notato che la parete sotto la grande tela era anch’essa (o meglio è) affrescata allo stesso modo dell’altare di fronte di S. Francesco e riproducente, credo, la Vergine del Rosario come la tela che lo nasconde alla vista dei visitatori.
La sorpresa non si arresta; nascosta dietro il quadro fu trovata una lettera che è subito sparita, portata da un umile fraticello trasferito per punizione al Convento di Orvinio da un altro Convento dell’Ordine che ora non rammento la località.
La lettera era stata scritta ai primi del XVII secolo dal Rettore del Convento da dove proveniva il Religioso ed era diretta al Rettore del Convento di Orvinio. In essa si esortava quest’ultimo Rettore a sorvegliare e tenere d’occhio il frate trasferito, essendo un essere sospetto.
Alla domanda: chi mai avrà potuto nascondere la lettera in quel posto? Rispondo subito: non può essere stato altri che il fraticello trasferito, in quanto, ben sapendo il motivo del suo trasferimento, doveva immaginare il contenuto della lettera e che dopo averla aperta e venuto a conoscenza di quanto vi era scritto anziché consegnarla al suo nuovo Rettore preferì nasconderla dove fu trovata.
Ai suddetti due altari, come pure all’Altare Maggiore si notano dei magnifici palliotti di cotto che sembrano di maiolica con la superficie lucidissima con bellissimi arabeschi e figure policrome fatte da mano espertissima (fig.70) in tutto identici a quello esistente nell’Altare Maggiore della Chiesa di S. Maria di Vallebona .
Più innanzi, ai due lati della Chiesa ed all’altezza della crociera, vi sono due Cappelle affrescate anch’esse.
Quella di destra, con l’altare sormontato da una tela dedicata a S. Antonio di Padova, appartenente alla famiglia Basilici, ora scomparsa, ha una leggiadra balaustra di marmo dove domina il cipollino, Cottanello e Carrara.
Ai due pilastri centrali si nota che, pur essendo a posto i cardini, il cancelletto di chiusura è sparito.
Otto medaglioni ovali, quattro per lato affrescati alle pareti entro cornici di stucco, rappresentano personaggi della famiglia Basilici.
Alla parete di sinstra, sopra i medaglioni, una grande tela ovale rappresentante S. Andrea. E’ molto bella e forse è anch’essa del Manenti.
Di fronte altra identica tela ovale, rappresentante l’Apparizione della Vergine a S. Domenico. Anche questa era molto bella quanto quella di fronte di S. Andrea ma è stata riparata (forse perché deteriorata) da mano poco esperta.
Al centro del pavimento la pietra di chiusura della sottostante tomba della famiglia Basilici (fig.66) =
La Cappella si sinistra, dedicata a S. Lucia è di proprietà della famiglia Cervelli, come vedesi anche dallo stemma posto sulla chiave dell’arco (fig.67). E’ munita di una balaustra a colonnine tornite di noce nostrale, abbastanza corrosa dai tarli; anche questa è priva del cancelletto di chiusura.
Sovrasta l’altare una grande tela con cornice dorata rappresentante S. Lucia, dipinta da mano maestra e quasi certamente nel XVII secolo.
Tanto le pareti che la volta sono state affrescate mirabilmente dal cav. Manenti, peccato però che il tempo e l’infiltrazione di umidità abbiano compiuta una nefasta opera di distruzione.
Nella parete di destra è rappresentato un sposalizio (forse di qualche membro della famiglia Cervelli); è molto interessante perché riproduce fedelmente i costumi dell’epoca,
Nella facciata di fronte, sotto l'unica finestrina, S. Rocco, dinanzi al quale prostrasi inginocchiato un Orviniense.
Al centro del pavimento, pietra di chiusura della sottostante tomba della famiglia Cervelli.
All’altezza delle due Cappelle ed in prossimità dell’Altare Maggiore vi sono altre pietre tombali; su quella a sinistra, in prossimità della Cappella Cervelli si legge la seguente scritta sormontata da uno stemma ovale crociato e sormontato da corona gentilizia:

Sepolcro
Del. Sor.
Dei Cour
D.C.

A destra dell’Altare Maggiore ed in prossimità della Cappella Basilici la pietra tombale porta la seguente scritta

Pro
Familia
T.B.
D. 6

Retrostante all’Altare Maggiore (fig.70) vi è il coro (fig.71) ove si accede da due porte situate a destra e sinistra dell’Altare Maggiore.
Appena oltrepassate le porte sul pavimento, in corrispondenza di ciascuna di esse vi sono due pietre tombali di forma ovale.
Mentre su quella di destra in prossimità del passaggio che immette al Convento vi sono tracce di uno stemma e di iscrizione, quella di sinistra è completamente liscia e priva di indicazioni.
L’Altare Maggiore (fig.70) è dedicato alla Vergine di S. Maria dei Raccomandati. Un antico affresco riproduce le Vergini Sembianze della Madre di Dio dipinto da mano maestra e ultimamente ritoccato da Suor Maria suora delle Figlie della Croce (la stessa che ha riaffrescate le tele degli Stendardi di entrambe le Confraternite del Gonfalone e del S.S. Sacramento). Tale affresco che sia anch’ésso del Manenti o di suo padre? Sovrastante l’altare vi è un timpano spaccato e nel centro contornato da una cornice di stucco a forma quadrata vi è un affresco riproducente l’apparizione di un Angelo alla Madonna, opera del cav. Vincenzo Manenti.
Ai lati dell’Altare Maggiore sono murate due pietre di marmo bianco; quella di destra, verso la Cappella Basilici (fig.69) suona così:

D.O.M.
Missae aes ad altra huius eclse
P. Suncis Pontificib. Card. Protect. Ord. Ac.
Frabus Defunct. Ab Eiusd. Ord tantu
Sacerdotib. Qdocunq. Celebratae
Indulto Altaris Privilegiati P Pno
Gaudent Vigore Brevis Bened. PPXIII
D. XXXI Jan.MDCCXXV Insup. Missae Om
nes in obitus Vel alio Die. P Viceprotect
Ordinar. Loci Princib. Suprem. Pronis
Loci in Teporlib. Benefactorib. Ipsis
que frabus et mottialib. Ord. Subie-
ctis horuq. Tui genitorib aquovis
sacerdote celebratae code P Petro
Altaris privilegio gaudente ex indul
to Benedicti P P XIV Die
IV Sept. MDCCLI +

Mentre su quella di sinistra (fig.68) si legge:

D.O.M
Altare hoc Omnipoteti
Deo in honore Bmae Vir-
Gis Mrae de Racomandatis
Erectu privilegio quoti-
Diano P Peno ore libero P
Mnibus. Defunct ad quos
Cumq. Sacertotes Vigore
Brevis Benedicti PP XIV. D
IV Oct. MDCCLI. Insig-
Nitu atq. A minis-
Tro gnli ordnis
D. XXV M octb.
1752 Designatu

Ai lati è riprodotto in stucco, lo stemma dei Baroni Muti (fig.70) allora proprietari del Castello di Orvinio.
Nel retrostante coro (fig.71) esistono ancora bene conservati gli stalli di legno di castagno e posti all’ingiro delle tre pareti non compresa quella verso la Chiesa; essi sono disposti: cinque per ciascuna delle due pareti a destra e sinistra entrando dalla Chiesa e sette nella parete di fronte, compreso quello del Rettore che trovasi al centro sotto l’unica finestra, sormontato da un piccolo baldacchino dello stesso legno, su cui poggia una bella statuetta lignea di S. Francesco di Assisi.
Il coro fino a pochi anni fa conservava l’originale soffitto a cassettoni decorati e bugnati.
Ricordo anche che circa venti anni or sono sul varco di sinistra vi era ancora un sito, l’originale e bellissima porta lignea finemente lavorata ed ora scomparsa.
Nel coro, in prossimità della porta di destra, si apre il passaggio segreto che mette in comunicazione la Chiesa con l’annesso Convento.
Si dice che l’attuale Parroco Sarrocco, per la somma di Lire 1800 ha dato l’incarico ad alcuni imbianchini forestieri di imbiancare interamente tutta la Chiesa; se ciò si avverasse sarebbe un vero delitto all’arte. Non sarebbe stato meglio fare lo zoccolo previe le necessarie stuccature in basso e con il residuo della somma far riscoprire i pregevoli affreschi (forse del Manenti) in quanto come è detto sopra, le pareti della Chiesa in origine sono state tutte affrescate?
Il Comune dio Orvinio è l’attuale proprietario sia della Chiesa che del Convento; l’ultimo piano di questo attualmente è adibito ad alloggio delle Suore dell’Ordine “Figlie della Croce” che sono anche Maestre e fanno scuola nelle aule del piano sottostante, mentre al piano terreno vi è l’asilo infantile, con annesso giardino (fig.63) ove si può accedere anche da apposita porta in Piazza Girolamo Frezza, dove crescono sane e robuste le nuove generazioni del Littorio (curate con amore e dedizione dalle instancabili suore) certezza futura della grande patria Fascista.
Sul tetto si eleva un piccolo campanile (fig.63) su cui è appesa un’unica campana del peso di circa 100 Kg che ora serve a chiamare gli scolari. In essa si legge esternamente :
Ave Maria Gratia Plena
A.D. – M.D.C. VIII – 1608

Escludendo la campana della Chiesa di S. Maria del Piano (che ora trovasi a Rieti) questa è la veterana delle campane di Orvinio essendo tutte le altre di fusione più recente alla data del 1608. Ritengo che questa probabilmente doveva essere in origine collocata sulla torre campanaria della Chiesa di S. Maria dei Raccomandati fino a quando fu sostituita da quella che vi si trova attualmente donata, come detto sopra, dalla Confraternita del Gonfalone perché quasi certamente all’epoca dei frati, il piccolo campanile sovrastante il convento non esisteva ed allora la campana dove era sistemata se non sulla torre della Chiesa?